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Russia e Ucraina, riconciliazione impossibile

In occidente, o almeno in Italia, i media ci hanno mostrato durante i funerali di Navalny la “russia buona”, quella che resiste alla dittatura, mostrata come un animale raro che si credeva estinto e ora pronto a riprodursi. Ci è stata venduta la speranza che questa guerra finirà con una rivoluzione interna ai confini della federazione russa. Tutto troppo semplice e, lasciatemi dire, utopico.

Questa generazione di russi non sarà mai perdonata

Può essere, ma anche qui andiamoci cauti, che un seme di dissenso sia stato piantato nei giorni del lutto per Navalny, ma sappiamo bene che per germogliare questa pianta ha bisogno di anni e, ci perdonerete, l’Ucraina non ha tutto questo tempo.

Partendo dal presupposto che le dimostrazioni di dissenso al regime di putin, dopo 20 anni di governo, sono durate una giornata (con irrilevanti strascichi successivi) e hanno visto partecipare una percentuale di russi infinitesimale rispetto ai 144 milioni di cittadini della federazione. Russi all’estero non pervenuti. Viene da pensare che ci sia troppo ottimismo tra gli osservatori e opinionisti europei sulla reale situazione in russia, mettiamoci l’anima in pace, con questi numeri non si va da nessuna parte, l’opposizione a putin è ormai quasi tutta fuggita all’estero e non è in grado nel prossimo futuro di organizzare nulla di significativo. Non lo ha fatto ieri, non lo farà domani. La sua totale inazione si è palesata nell’estate del 2023 durante il “golpe” (o qualunque cosa fosse) di Prigozhin quando non è stata capace di fare nulla. Non è riuscita a organizzare niente nemmeno dopo la notizia della morte dell’unico vero dissidente russo, Navalny, pensate davvero che abbia la forza ora di fare qualcosa? Può essere che un seme di dissenso nella società russa sia stato piantato nei giorni del lutto per Navalny, ma sappiamo bene che per germogliare questa pianta ha bisogno di anni e, ci perdonerete, l’Ucraina non ha tutto questo tempo.
Anche se è stato letto in senso opposto, lo stesso discorso di Yulia Navalnaya al Parlamento Europeo non è stato molto incoraggiante. La guerra in Ucraina è ridotta a poche frasi di circostanza (c’è la guerra, che tragedia) e il fulcro delle sue parole è stato: le sanzioni non funzionano, putin è un mafioso, inventatevi qualcosa di nuovo per deporlo e cercate di colpire gli altri capi mafia alle sue dipendenze. Grazie. Sulle sanzioni avrei qualche dubbio dato che è sotto gli occhi di tutti che l’economia russa si sta sgretolando giorno dopo giorno e con la sua riconversione ad economia di guerra sta solo ritardando il crollo che, proprio per questo motivo, quando succederà sarà ancora più doloroso. Per il resto sapevamo già tutto e ci stiamo provando, ma non è facile.
L’accenno di Yulia Navalnaya poi alle decine di milioni di russi (sì, decine di milioni!) su cui in Europa possiamo fare cieco affidamento è un concetto per così dire “naif”. Se esistono davvero, sono molto bravi a nascondersi.
Al di là di numeri eccentrici e di dichiarazioni già sentite, il punto è che all’ordine del giorno dell’agenda dei “buoni russi” non c’è la fine della guerra in Ucraina. Non c’è la ricostruzione di un paese distrutto. Non c’è la restituzione dei territori occupati. Non c’è un progetto. C’è il nulla, come al solito. Al massimo c’è una ricerca dell’aiuto europeo e della nostra comprensione.

Intanto in Ucraina le bombe russe uccidono bambini

Mentre si cercava di trovare qualcosa che in russia non fosse marcio, gli stessi russi colpivano con violenza Odessa, portando nuovamente morte e distruzione. Tra le vittime, e non è la prima volta, anche cinque bambini. Dov’è ora la russia buona? Dove sono quelli che gridavano lo slogan da oratorio di campagna “gli ucraini sono brave persone” ai funerali di Navalny? Spariti nel nulla. Semplicemente la guerra in Ucraina, la più grande, sanguinosa, tragica ed evidente prologo alla terza guerra mondiale, non interessa. Interessa poco agli italiani, figuriamoci cosa può interessare ai russi.
La guerra dei cosiddetti russi buoni non è la nostra guerra. Non vogliono vedere mosca distrutta e i russi puniti per tutti i crimini commessi in Ucraina. Vogliono il perdono di tutta la comunità.
E da questa considerazione nasce la domanda cruciale: come potranno mai gli ucraini perdonare i russi (anche quelli “buoni”)?

Gli ucraini non potranno mai perdonare nessun russo

La seconda guerra mondiale non finì perchè i tedeschi ormai stanchi di Hitler scesero in piazza e rovesciarono il regime, finì perchè gli alleati entrarono a Berlino, rasero al suolo quasi l’intera Germania e occuparono per oltre 50 anni quella nazione.

La senatrice a vita italiana Liliana Segre, ebrea deportata ad Auschwitz durante la seconda guerra mondiale, ha dichiarato di “non aver mai perdonato” per quello che i nazisti fecero agli ebrei e all’Europa. Non lo ha fatto dopo 80 anni, perchè ci aspettiamo quindi che gli ucraini che stanno subendo esattamente lo stesso trattamento dai nazisti russi dovrebbero perdonare? Perchè l’opinione pubblica in Italia sta spingendo così forte per trovare e mostrarci a tutti i costi una “russia buona” e che una riconciliazione con la martoriata ucraina è possibile?
Come è possibile dimenticare e perdonare chi non si è opposto alla costruzione di un’idea di suprematismo russo che si è rivelato in tutta la sua forza a Bucha, a Irpin, a Mariupol? Come si potrà domani chiedere a un cittadino ucraino di stringere la mano a chi non ha fatto nulla per evitare che ogni giorno sull’Ucraina piovano droni assassini? Chi li ripagherà per tutti i bambini che hanno perso la vita colpiti da un missile russo, uccisi sotto le rovine della loro casa che dovrebbe invece essere un luogo sicuro e inviolabile?
La responsabilità dei russi, di tutti i russi, è innegabile, al di sopra di ogni tentativo di giustificazione ed aggravata dalla loro totale inazione, anche ora, a due anni dall’inizio dell’invasione su vasta scala, dopo tutte le evidenze di crimini di guerra, dopo le torture, le violenze, le uccisioni. Ormai è tardi per chiedere scusa, ma non sarebbe tardi per provare a fare qualcosa.

Tracciando il paragone tra il regime nazista tedesco degli anni ’40 e il regime nazista russo di oggi, troviamo notevoli somiglianze e la più accentuata sta proprio nella responsabilità morale dei cittadini russi. Come allora in Germania, la macchina di morte russa non è manovrata solo dalla mafia ai vertici di russia unita, ma è stata per oltre 20 anni ben oliata dal silenzio e dalla connivenza dei suoi cittadini, anche da quelli non iscritti al partito, anche da quelli che non approvavano le politiche di putin, ma che erano ingranaggi della burocrazia di questo regime criminale. Per questo eliminare putin non garantisce un lieto fine. C’è una macchina da guerra costruita da 144 milioni di persone che ci sta per investire, questo non è un film di fantascienza, probabilmente non sarà sufficiente deporre il despota per risanare un intero stato fondato su teorie imperialiste, razziste e suprematiste. Soprattutto perchè in patria il despota in questione ha, nonostante tutto, un grandissimo appoggio interno. Potrebbe anche non truccare le elezioni per vincere a mani basse, se lo farà (e lo farà) sarà solamente per abitudine.
Anche nella Germania nazista c’erano i “tedeschi buoni”. C’erano gli oppositori. C’erano i sabotatori. Erano così pochi da essere ininfluenti e su quei pochi che fecero qualcosa (e che finirono male) ne abbiamo tratto libri e film epici. La seconda guerra mondiale non finì perchè i tedeschi ormai stanchi di Hitler scesero in piazza e rovesciarono il regime, finì perchè gli alleati entrarono a Berlino, rasero al suolo quasi l’intera Germania e occuparono per oltre 50 anni quella nazione, con programmi di rieducazione della popolazione, di riadattamento alla democrazia, almeno nella Germania Ovest. I più sfortunati finirono sotto i sovietici e pagarono a caro prezzo la loro responsabilità di essere parte di quel regime.
Solo dopo così tanto tempo siamo riusciti a riabilitare i tedeschi ed è un discorso che vale esclusivamente per le generazioni che non hanno subito i campi di concentramento. Lo stesso varrà anche per gli ucraini, per le nuove generazioni europee che cresceranno con i racconti dei genitori e dei nonni su questa guerra. Se ci saranno le condizioni, forse, loro perdoneranno. Forse rileggeranno con occhi diversi le parole di Yulia Navalnaya, forse considereranno come esuli politici i fuoriusciti dalla russia di questi anni, forse guarderanno quei pochi russi che all’estero hanno provato a partecipare a qualche manifestazione di dissenso come dei coraggiosi eroi. Forse, forse, forse. Forse domani. Oggi, tutti gli ucraini coinvolti in questa guerra, non lo faranno mai.

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