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Gli orfani ucraini in Italia devono avere il diritto di tornare in Ucraina

Piccola premessa per chi si fosse perso la questione: Kyiv per mezzo del consolato ucraino in Italia ha richiesto che i 57 orfani ucraini ospitati dal 2022 presso strutture di accoglienza nella Valle Imagna venissero rimpatriati. Proteste da parte delle istituzioni italiane e stop temporaneo al rimpatrio da parte del Tribunale dei minori di Brescia. In tutta questa storia riportata dai media italiani appare evidente una cosa: nessuno vuole ascoltare le ragioni ucraine, classico caso di westplaining questa volta sulla pelle di minorenni. Per non parlare delle dichiarazioni di Maggio dei sindaci di Pontida (ex sindaco in questo caso) e Bedulita…ma ci arriveremo.

Per i bambini ucraini crescere in Ucraina è importante

La situazione emergenziale si creò nella città di Berdyansk nel 2022 a fronte dell’avanzata dell’esercito russo che costrinse gli orfanotrofi dell’area interessata a far partire i bambini in via del tutto emergenziale. Appunto, emergenziale. Noi in Italia non possiamo arrogarci il diritto di prolungare questo status quando, nonostante la guerra sia ancora in corso, tale emergenza sia a tutti gli effetti cessata e soprattutto quando si tratta di contendere la verità della questione ad uno stato sovrano.
Diciamocelo ora, una volta per tutte: i bambini ucraini devono avere la possibilità di crescere in Ucraina, di tornare nel loro paese, di vivere la loro cultura e di costruire lì il loro futuro. Trattenerli ulteriormente (sono già passati due anni) può solo causare ulteriori problemi di identità a dei minorenni che già hanno dovuto subire traumi che neppure possiamo immaginarci.
L’Ucraina è la loro casa, l’Ucraina è il loro futuro. L’Ucraina ha bisogno di loro, loro hanno bisogno dell’Ucraina.
Un conto è l’accoglienza, ringrazieremo sempre tutti i volontari italiani che si sono spesi senza chiedere nulla in cambio per aiutare disinteressatamente questi bambini, chi ha offerto loro alloggio, cibo e sicurezza. Un altro conto è montare un caso stile Fatto Quotidiano contro i cattivoni di Kyiv che vorrebbero riportare i loro bambini sotto i bombardamenti in Ucraina. No, nessuno manderà al fronte questi ragazzi e no, nessuno li porterà a vivere nelle città rase al suolo dai russi, ma saranno ospitati in strutture già esistenti e sicure.
Qui non si parla di un gioco sadico da parte del governo ucraino, si parla di diritti e di doveri. Del diritto dei bambini ucraini di crescere in Ucraina, del diritto dello stato ucraino di costruire il suo futuro, del dovere nostro di aiutare entro i limiti dettati dalle leggi internazionali.
E fatevene una ragione, i bambini torneranno in Ucraina, le questioni legali ed il caso mediatico montato intorno a loro hanno solamente avuto il risultato di danneggiarli ulteriormente. 

Per Telefono Azzurro è giusto che i bambini tornino a casa

In un profluvio di parole scontate sui media italiani e tutte in una sola direzione spiccano le dichiarazioni del presidente di Telefono Azzurro Ernesto Caffo ad AdnKronos: “Sapevamo sin dall’inizio che l’accoglienza dei bambini ucraini sarebbe stata una soluzione solamente temporanea, e tale deve rimanere. Oggi è giusto che tornino a casa.”…”La mia preoccupazione sin dall’inizio riguardava il rischio di un repentino cambio di contesto per questi giovani, con il conseguente rischio che perdessero il senso di identità e appartenenza al loro Paese: ciò è possibile solamente ricordandosi che l’accoglienza è e deve essere temporanea e, per questo, riportarli appena possibile nell’Ucraina dove sono nati e cresciuti. Prorogare la loro permanenza nei Paesi che li hanno accolti sarebbe un errore. Tamponare l’emergenza con adozioni o affidi temporanei non è la soluzione“.
Caffo ha centrato appieno la problematica, ovvero la perdita del senso di identità al loro paese. Gli affidi erano temporanei, altrimenti non si sarebbe chiamata “situazione emergenziale”. Ci sono tempi e modi stabiliti per evitare che la situazione passi dall’essere temporanea a indeterminata. Se la guerra durasse altri dieci anni, alla fine a questi ormai uomini ventenni cosa diremmo “grazie è stato un piacere ora potete tornarvene in un paese che non vi rappresenta più?”.  

A Maggio 2024 le inquietanti parole del sindaco di Pontida: "lo Stato mi deve 300 mila euro, li tengo in ostaggio. Scherzo. Ma fino a un certo punto."

Tanto per rendere il tutto più grottesco a Maggio l’ormai ex sindaco di Pontida e quello di Bedulita, due località che ospitano alcuni di questi bambini a Corriere della Sera hanno rilasciato delle dichiarazioni di scarsa sensibilità e alquanto inquietanti. Parlando dei soldi che i loro comuni non avevano ancora ricevuto per l’accoglienza di questi minori l’allora sindaco di Pontida ha detto: “Io finora ho ricevuto solo 35 mila euro e ho ancora un arretrato di 300 mila. Altro che rimandarli in Ucraina, li tengo in ostaggio finché non mi pagano. Scherzo, ma fino a un certo punto“. Gli ha fatto eco il sindaco di Bedulita sempre sull’argomento dei fondi non ricevuti dallo Stato: “Non è una brutta idea. Il ministero mi ha fatto sapere che non pagherà la realizzazione della doccia nella ex scuola in cui si trovano i bambini, perché è una spesa di investimento e resta al Comune. Ma dove li mandavo a lavarsi, nel torrente Imagna?“.
Mi auguro che nessuno sia dovuto andare a lavarsi nel torrente Imagna, mi auguro che nessuno sia tenuto in ostaggio e mi auguro che i sindaci di Pontida e Bedulita abbiano ricevuto tutti i fondi a loro dovuti. Mi auguro anche che in futuro, quando si parlerà nuovamente di accoglienza di bambini in fuga da una guerra, si possano affrontare i temi dell’aiuto umanitario con rispetto e dignità, cosa che queste dichiarazioni non lasciano trasparire, ma gettano un’ombra su tutta la vicenda.

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