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A Veneziograd si celebra il terrorismo con “Russians at war”, a Lviv i funerali della famiglia sterminata dai russi

Alla Biennale di Venezia (o dovremmo chiamarla Veneziograd) siamo riusciti nella difficile impresa di scendere ancora più in basso di quello che si credeva essere un fondo già toccato con i vari documentari di Russia Today, cartelli di amicizia russia-Italia e altre infamate simili. E’ stato presentato infatti durante la Mostra del Cinema il documentario “Russians at War” della propagandista russa Anastasia Trofimova. Un inno alla russia in guerra, le storie dei soldati del cremlino inviati a stuprare, torturare e uccidere in Ucraina raccontate con leggerezza. L’ennesimo tentativo di riabilitare un popolo marcio dalla testa ai piedi. E nel frattempo a Lviv si tenevano i funerali della famiglia sterminata dal bombardamento del 4 Settembre. Questo e molto altro nel documentario di Trofimova mancava.

Di nuovo lo spiegone sulla propaganda nel cinema

Quella di Venezia è una pagina horror nella storia della propaganda russa in Italia, pensavo di non dover più scrivere spiegoni su questo argomento, che tutti avevamo ormai capito. E invece rieccoci qui.
Il documentario “Russians at War” è l’esempio più puro della propaganda del cremlino, è esattamente quello contro il quale ci stiamo battendo da anni. E’ il tentativo di normalizzazione di un popolo, quello russo, da cui non si può cavare fuori nulla che non sia già in putrefazione, un tentativo che se non fosse in programma alla Biennale di Venezia definiremmo quantomeno maldestro, ma che non si allontana di molto dagli intenti del documentario di Russia Today “Donbass ieri oggi e domani” che l’AGCom ha tentato di bloccare sulle piattaforme online e che, misteriosamente, è uscito di scena anche dai circoli di topolino in cui veniva proiettato. Tra l’altro Trofimova ha lavorato in passato con Russia Today, l’emittente sanzionata per disinformazione e propaganda, quindi come al solito non ci si allontana mai di troppo.
Diciamolo ancora una volta, quello che vogliono i russi è sensibilizzare l’opinione pubblica occidentale sul fatto che loro, in fondo, non sono così cattivi…è solo che li dipingono così! Poveri. La propaganda lavora su più livelli, è meticolosa e scrupolosa come dimostrato dalla recente indagine dell’FBI. Possibile che in Italia siamo ancora così polli da cascarci? O è stupidità o malafede, scegliete voi.

Di cosa parla il documentario di propaganda "Russians at war"

Il termine “documentario” anche in questo caso, come per “Donbass ieri oggi e domani”, è inappropriato. Si tratta più di un’opera di fantasia, come l’ormai morto e sepolto “Il testimone”. L’idea alla base di “Russians at war” era quella di mostrare le vite dei soldati russi al fronte, di raccontare le loro storie, di far vedere che sono come noi. Questo automaticamente li eleva al di sopra degli ucraini, popolo invaso proprio da loro: se i soldati russi sono persone normali, intelligenti, divertenti, ragazzi come ce ne sono tanti, vuol dire che quello che stanno facendo lì è giusto. Il senso è un po’ questo.
Non c’è molto altro da aggiungere per un film che vuole discolpare i terroristi. E’ un documentario di propaganda ad uso e consumo dell’occidente idiota come ce ne sono molti altri, solo girato con una buona videocamera.
Che la Biennale di Venezia abbia permesso di proiettare questo documentario è osceno, un altro schiaffo alla popolazione ucraina. E’ mancanza di rispetto verso tutti gli ucraini, una dichiarazione in stile “volemose tutti bene, siamo tutti fratelli” di bergogliana memoria. Ancora una volta si prendono le parti dell’aggressore e si umilia l’aggredito.

Di cosa NON parla il documentario di propaganda "Russians at war"

Il documentario di propaganda di Leni Riefenstahl…ops…di Anastasia Trofimova però esclude alcune parti importanti della storia, parti mancanti per le quali questa roba può al massimo definirsi opera di fantasia, ma non certo documentario.
Manca una parte fondamentale che invece è stata riportata in “Intercepted” della regista ucraina Oksana Karpovych e presentato alla Berlinale del 2024, una lunga serie di intercettazioni telefoniche tra i soldati russi in Ucraina e le loro famiglie che li incitano a sterminare, stuprare e torturare gli ucraini. E’ questa la vera normalità dei soldati russi ed è già stata riportata in tutta la sua crudeltà da Karpovych. Al di là del fronte est non ci sono ragazzi normali. Ci sono spietati assassini. Fatevene una ragione.

In “Russians at war” mancano tutti i riferimenti a Bucha, Irpin, Mariupol. Mancano i crimini di guerra, mancano le fosse comuni. Mancano i soldati ucraini catturati e uccisi a sangue freddo. Manca la strage di Olenivka. Manca la responsabilità di tutti i russi. Manca la responsabilità della regista stessa. Perchè per produrre un film del genere, in un periodo storico come questo, anche Trofimova è causa del genocidio in corso del popolo ucraino, esattamente come chi preme il pulsante per lanciare un missile su un ospedale.

Il documentario non parla degli ucraini, non parla delle vittime innocenti, delle loro città distrutte. Non voglio dilungarmi oltre. Con queste premesse può andar bene solo da proiettarlo in qualche cinema di mosca o in qualche circolo di post comunisti in qualche sperduto paesino italiano.

Trofimova dovrebbe guardare cosa succedeva oggi a Lviv

La propagandista Trofimova durante la conferenza stampa a Venezia riportata brevemente su RaiNews  non risparmia tutti i clichè che i russi non fanno mai mancare non appena hanno l’opportunità di dire la loro. Vittimismo e russocentricità. Non capisce perchè l’occidente abbia chiuso i ponti con la russia, non capisce perchè non ci si riesca più a vedere l’un l’altro (occidentali e russi). Non capisce insomma. Poverina chissà cosa avranno mai fatto di male i russi.
Per aiutarla a capire potrebbe farsi un giro su Instagram dove sono riportate le foto dei funerali della famiglia di Lviv sterminata nel bombardamento del 4 Settembre proprio dai suoi russi normali. I suoi ragazzi così simpatici.
I missili che hanno ucciso una madre e le sue tre figlie sono stati lanciati proprio da quei soldati russi che Trofimova vuole riabilitare. Le immagine delle esequie di quelle ragazze, il pianto di chi ha partecipato, ma anche le lacrime che noi dall’Italia versiamo dietro ad un monitor per tutte queste stragi potrebbero insegnarle molto più che mesi interi dalla parte russa del fronte.
Guardi le bandiere rosse e nere nei cimiteri ucraini. Si interroghi del perchè i sopravvissuti si inchinano al passaggio dei feretri degli eroi ucraini mentre da loro i cadaveri vengono lasciati a concimare i campi del Donbas.
La lista è lunga, potrei andare avanti all’infinito, ma mi fermo qui. So che non servirebbe a niente perchè per un russo, esiste solo la russia.

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