La morte delle idee, il vuoto dei nostri intellettuali
Con l’esercito nordcoreano sbarcato in Europa nella guerra di aggressione contro l’Ucraina, un segretario dell’ONU che si genuflette al più grande criminale internazionale vivente, una guerra ibrida che sta colpendo tutte le democrazie del mondo avremmo bisogno di una classe intellettuale di pensiero e di lotta. E invece hanno abdicato tutti, chi per disinteresse chi per interessi opposti. Come se noi fossimo estranei a tutto, come se non interessasse più niente a nessuno. Eppure ce ne sarebbe di cui parlare e argomenti sui quali esporsi.
Capire il presente per proteggere il futuro
Ho sempre pensato che i grandi classici della letteratura ed i loro autori fossero attuali anche oggi non perchè prevedessero il futuro, ma perchè furono in grado di leggere e comprendere il loro presente. Ed è questo quello che manca oggi. Mancano voci autorevoli del mondo della nostra cultura capaci di comprendere la cronaca dell’oggi e di ragionare sulle conseguenze del domani.
Eppure di autori ne abbiamo: nel corso del 2023 sono stati pubblicati suppergiù 85 mila libri in Italia. Ora ,anche nella peggiore delle ipotesi possiamo almeno sperare di cavare fuori da questo numero spropositato non dico tanto, ma una cinquantina di eroi del pensiero?
E invece…
L’oggi da comprendere è sotto gli occhi di tutti. E’ la guerra di aggressione della russia, è il riarmo delle democrazie, sono le ingerenze russo-sino-iraniane-coreane nei meccanismi elettorali del mondo libero. E’ la tragedia del tentato genocidio del popolo ucraino. Sono le loro storie, sono le storie della diaspora ucraina in Italia. Ce ne sarebbe per riempire tutti quegli 85 mila volumi pubblicati nel 2023.
Scrittori, giornalisti e intellettuali di ogni sorta che arriveranno a prendere una posizione chiara e netta sull’argomento Ucraina solo a giochi fatti (o solo quando il primo missile russo colpirà una delle nostre città) saranno semplicemente un bluff. Saranno fuori tempo massimo. Saranno già vecchi prima di aprire bocca.
Se abbiamo ripetuto che il momento di agire con truppe occidentali e azioni concrete della NATO in Ucraina è ora, lo stesso discorso vale il nostro pensiero. Il momento di pensare è ora. Il momento di elaborare delle idee è ora.
Chi li ha visti?
Ma alla fine, a parte i soliti quattro martiri nostri eroi che predicano nel deserto (i nomi li conosciamo tutti, è un club così ristretto che rischia di diventare con gli anni un sepolcro a tenuta stagna da cui nessuno entra e nessuno esce), chi ha visto o sentito un esponente della nostra cultura esporsi sulla guerra in Ucraina? Intendo: A FAVORE della vittoria dell’Ucraina. Lo specifico perchè gli altri hanno già fatto sentire le loro voci in concerti e manifestazioni pacifiste di ogni colore e sorta.
Io onestamente non ne ho memoria. Sono pochi e ben nascosti. Ed è una cosa che fa davvero male all’Italia tutta, isole comprese.
E, badate bene, non è una questione di visibilità. Che alle TV non interessi la cultura è superfluo da ribadire, non li cerchiamo certo lì. Ma il potere di chi vende centinaia di copie o di chi pubblica su quotidiani nazionali è immenso e non necessita di un talk show per emergere. Il loro potere di influenza è tanto grande quanto usato male. Una parola giusta o un impegno concreto che non nasca e non muoia nello stretto giro di un reel o di un post può determinare davvero uno spostamento del pensiero oltre la neutralità ed il disinteresse di cui tutti abusano. La figura dell’intellettuale è anche impegno, è lotta di ideali, è lotta di libertà. E la libertà è quella per la quale il popolo ucraino combatte ormai da tre lunghi e difficili anni. E’ questo il filo rosso che congiunge il nostro passato oppresso dal nazifascismo e il nostro futuro di libertà. Parlare oggi di altro, non prendere una posizione e non esporsi è l’antitesi della figura dell’intellettuale. E’ la riduzione del tutto al vuoto più assoluto.
Io, in fondo in fondo, un’idea della causa di questo deserto di idee me la sono fatta. Un’Italia senza ideali e senza intellettuali minimamente interessati a quello che succede oltre ai gossip di palazzo o alle antipatie personali di questo o quell’altro politico non è altro che un paese a cui il nazifascismo non è poi dispiaciuto così tanto e se poi alla fine tornasse, anche se di matrice rossobruna e non nera, proprio così male non sarebbe. Almeno ci sarebbe qualcosa da scrivere e di cui parlare.
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