La vergogna: export del vino italiano in russia +79,9% nel 2024
Non ho mai inteso pretendere moralità o impegno sociale da parte dei produttori vinicoli italiani e nemmeno pretendo accusarli di pratiche scorrette. Esportare vino in russia è legale (tranne per le bottiglie extra lusso dai 300€ in su, quello sì sarebbe reato), sia ben chiaro, ma non è assolutamente morale. Abbiamo già parlato tante volte delle scelte discutibili di chi continua a fare affari con il cremlino nonostante il genocidio messo in atto da mosca contro il popolo ucraino e questi dati parlano chiaro. E’ l’intero settore vitivinicolo italiano ad avere qualche problema con la moralità e l’attualità.
Gli avvinazzati del cremlino possono contare su di noi
D’altronde lo ha detto anche il nostro ministro della difesa Crosetto nell’ultima intervista rilasciata a Porta a Porta il 21 Novembre: “L’Italia è sempre stata amica del popolo russo e lo sarà anche dopo questa guerra“. Giuro sono parole sue, trovate la sua intervista completa in streaming su Rai Play se volete controllare. E gli avvinazzati del cremlino sanno bene che oltre all’amicizia di Crosetto possono contare anche su rifornimenti illimitati di vino da uno dei paesi top per produzione, qualità e distribuzione.
I dati ufficiali di UIV (Unione Italiana Vini) elaborati da Osservatorio del vino UIV e Vinitaly parlano chiaro: ai viticoltori italiani di guerra, etica, morale ed Ucraina non frega niente.
Nel primo semestre 2024, complici anche i nuovi dazi sul vino imposti dal cremlino sulle importazioni, il nostro export è schizzato ad un +79,9% di valore e ad un +74,2% di volume (lt). Numeri da capogiro e sappiamo che troppi capogiri di solito fanno anche venire il vomito. Non uso la parola “vomito” a sproposito: nei primi tre mesi del 2024 il valore dell’export di vino italiano in russia era arrivato addirittura al picco del +142,6%.
La questione dei dazi è irrilevante
Sì, è vero, putin e la sua compagnia di beoni hanno deciso di imporre nuovi dazi sul vino per mostrare i muscoli ai paesi ostili, ma parliamo di accise intorno ad 1€ al litro, non certo numeri che possono stroncare un settore o creare il panico sul mercato. In fondo proprio loro mica vogliono rinunciare alla loro dose di alcool italiano. Ovviamente la rete di distribuzione russa ha aumentato gli acquisti per pagare meno accise possibili, è chiaro che da qui arriva l’input a questa spinta. Ma il problema è altrove.
Il problema sta a monte, il problema sta in Italia.
Oltre mille giorni di guerra totale in Ucraina non sono serviti a creare una coscienza sociale nel settore. I bombardamenti russi su infrastrutture civili, su scuole e su ospedali, lo sconvolgimento dell’ordine mondiale, le deportazioni di bambini, le uccisioni a sangue freddo e tutti i crimini di guerra quotidiani non hanno minimamente scalfito la fede dei produttori italiani di vino nel mercato russo. Insomma, non gliene frega proprio niente.
Vendere in russia, comunque, non è obbligatorio
Ripetiamo prima di essere fraintesi: le cantine italiane non stanno commettendo alcun reato. Fare affari con la russia è legale, fa schifo ma si può. Solo le bottiglie di vino intese come oggetto di lusso (300 € minimo) sono sottoposte a sanzioni e non possono essere esportate, ma vedere questi numeri fa venire una certa rabbia.
Fa rabbia perchè i produttori italiani da anni vogliono trasmettere un messaggio di sostenibilità del loro lavoro, fa rabbia perchè il vino è parte della nostra cultura, fa rabbia perchè davanti all’apatia di questo settore non possiamo farci niente. I numeri sono impietosi, parlano chiaro.
Un bicchiere al giorno leva il medico di torno si diceva. Ok magari il medico si allontana, ma quello che si sta avvicinando è molto, molto peggiore.