Barilla continua a produrre pasta in russia
Se vi è mai capitato di essere all’estero e di parlare con qualche “local”, sicuramente avrete sentito la frase “Ah, Italia…pizza, pasta e Berlusconi!”. Può piacere o non piacere, ma è così. Bene, se di almeno due di queste tre cose potevamo andarne fieri, ora anche questa certezza si sta incrinando in quanto il brand più famoso in assoluto tra i produttori italiani di pasta, Barilla, mantiene con fermezza la sua produzione all’interno dello stato aggressore russo.
Nonostante la guerra continui, sul fronte Barilla tutto tace
Dopo il silenzio iniziale all’invasione russa dell’Ucraina, mentre altri grandi gruppi imprenditoriali cominciavano già a fare le valigie dalla russia, Barilla invece confermava in un comunicato stampa la sua precisa volontà di rimanere attiva nel suo stabilimento nelle vicinanze di mosca, pur “monitorando costantemente la situazione”. Ovvero per ora ci fingiamo morti per non farci del male, poi si vedrà.
Il “poi si vedrà” però non si è mai visto, dato che la situazione nel corso di tutti questi mesi non ha portato ad una soluzione del conflitto, ma ad un aggravarsi degli attacchi russi sul suolo ucraino, con la conseguente carneficina tra militari e civili, distruzione di strutture energetiche che hanno costretto gli ucraini ad un inverno al freddo e al buio ed un numero imprecisato di crimini di guerra che si stanno accumulando sulla scrivania del procuratore della Corte Penale Internazionale.
Nonostante tutte queste evidenze, Barilla non ha proferito parola sull’argomento.
L’azienda italiana non è ovviamente l’unica ad aver fatto questa scelta, qui abbiamo già messo in evidenza grandi brand che hanno deciso di restare in russia e che sono dichiarati sponsor della guerra, nonostante le pressioni di organizzazioni come B4Ukraine e Leave Russia.
Il comunicato di Barilla
Il comunicato da parte di Barilla in cui si annunciava la sospensione degli investimenti in russia, pur mantenendo la produzione di pasta, va a braccetto con il comunicato di Ferrero (per i pochi che ancora non lo sanno l’azienda produttrice di Nutella) in cui si diceva “ci dispiace per quello che sta succedendo in Ucraina, riduciamo gli investimenti, ma manteniamo attiva la produzione a mosca”.
Sempre nella loro dichiarazione del 6 Settembre 2022, come nel caso di Ferrero (sembra una situazione fotocopia), viene posto un accento particolare sulla loro donazione in favore dell’Ucraina ad inizio conflitto, qualche tonnellata di pasta e 1 milione di euro in donazione a vari enti caritatevoli. Successivamente il nulla cosmico sull’argomento.
Cosa vuol dire mantenere la produzione Barilla in russia
Mantenere la produzione e la vendita locale in russia per un colosso del calibro di Barilla, pur dichiarando di non trarre profitto dalle attività sul suolo russo, significa comunque pagare un quantitativo importante in tasse al cremlino. Questi rubli si trasformano quasi immediatamente in armi letali schierate in prima linea in Ucraina contro i difensori dell’esercito e contro i civili. Non importa che Barilla non ne tragga vantaggio, chi in questo caso ne sta guadagnando è sicuramente il criminale internazionale putin.
Anche assicurare lavoro e stipendio ai dipendenti del loro stabilimento russo significa fare la propria parte per vanificare gli effetti delle sanzioni occidentali contro il regime del cremlino, sostenendo l’economia russa a differenza di altri grandi brand che hanno deciso con una scelta etica di ritirarsi e vendere i propri assets russi.
I prodotti Barilla (ci sono anche le merendine Mulino Bianco)
Barilla non produce solo pasta, che ovviamente è il suo punto forte. Sempre con il marchio Barilla vengono prodotti e venduti sughi pronti, farine e cereali, ma non è tutto.
Barilla Group possiede altri marchi famosissimi, come Mulino Bianco, Pavesi e Pan di Stelle. Sempre invece per il settore della pasta ricordiamo il brand Voiello, diffusissimo nei nostri supermercati.
Cosa possiamo fare noi consumatori
Premesso che se Barilla non ha preso una netta posizione filo-Ucraina in questi mesi, difficilmente domani deciderà di seguire gli esempi virtuosi di altre multinazionali e lasciare definitivamente la russia come mercato di vendita e produzione dei suoi prodotti. La scelta ricade su noi consumatori, gli unici attori di questa sceneggiata in grado effettuare delle scelte etiche e sostenibili, senza continuare ad armare l’esercito del cremlino.
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